L'iniziativa «No Billag» nuoce alla pluralità mediatica e alla formazione delle opinioni in Svizzera

Berna, 11.12.2017 - Il 4 marzo 2018 Popolo e Cantoni si esprimeranno in merito all'iniziativa «No Billag», che chiede l'abolizione del canone di ricezione radiotelevisivo. Vuole inoltre che la Confederazione non sovvenzioni alcuna emittente radio-TV. Il Consiglio federale raccomanda di respingere l'iniziativa, poiché questa accetta l'eventualità che si produca solo quanto assicura guadagni. Ciò nuoce alla pluralità dei media e al processo di formazione delle opinioni e consente a finanziatori privati e gruppi imprenditoriali esteri di aumentare la propria sfera d'influenza. «In un Paese di piccole dimensioni, plurilingue e a democrazia diretta come la Svizzera, la pluralità dell'offerta mediatica è essenziale», ha sottolineato la Presidente della Confederazione Doris Leuthard spiegando la posizione del Consiglio federale.

Come sancito dalla Costituzione federale, la radio e la televisione devono contribuire all'istruzione, allo sviluppo culturale, alla formazione delle opinioni e all'intrattenimento, tenendo conto delle particolarità del Paese e delle esigenze dei Cantoni. Infatti, in un Paese di piccole dimensioni con quattro lingue nazionali come la Svizzera, la pubblicità e le sponsorizzazioni non bastano a finanziare questo tipo di trasmissioni: perciò viene riscosso un canone di ricezione radiotelevisivo. I proventi del canone sono destinati alle emittenti radiotelevisive che adempiono il mandato costituzionale di servizio pubblico. A livello nazionale e nelle quattro regioni linguistiche esso è affidato alla SSR. A livello locale è invece affidato a 21 radio locali e 13 televisioni regionali. Tutte queste emittenti sono titolari di una concessione della Confederazione che ne precisa il mandato. Nel 2016 i proventi del canone radiotelevisivo sono stati di circa 1,37 miliardi di franchi. La maggior parte, ossia quasi 1,24 miliardi, sono andati alla SSR, mentre le radio locali e le televisioni regionali hanno ricevuto 61 milioni di franchi.

Smantellamento dell'offerta

L'iniziativa chiede che il canone di ricezione radiotelevisivo sia abolito e che la Confederazione non sovvenzioni emittenti radiotelevisive neppure con altri fondi. Chiede inoltre che la Confederazione in tempo di pace non gestisca alcuna emittente propria e che metta periodicamente all'asta le concessioni. Se l'iniziativa venisse accettata, la SSR ma anche le radio locali e le TV regionali subirebbero grosse perdite finanziarie: i proventi del canone rappresentano infatti circa il 75 per cento del bilancio della SSR e una parte cospicua di quello delle radio locali e TV regionali. Di conseguenza, numerose trasmissioni non potrebbero più essere prodotte o non più ai livelli di qualità attuali. L'offerta odierna verrebbe ridotta in modo massiccio.

Consiglio federale e Parlamento raccomandano di respingere l'iniziativa. «I media rivestono un ruolo centrale per la Svizzera, le sue diverse lingue e culture e la sua democrazia diretta», ha sottolineato la Presidente della Confederazione Leuthard. Giornali, radio e televisione apportano un contributo fondamentale con i loro reportage e le loro ricerche e analisi. È quindi importante poter continuare a contare su un'offerta di alta qualità, una certezza che l'iniziativa comprometterebbe. «Con il passaggio a un sistema di finanziamento puramente commerciale, l'iniziativa accetta l'eventualità che si produca solo quanto assicura guadagni. Numerose trasmissioni, in particolare anche su temi politici e sociali importanti, sparirebbero. Ciò nuocerebbe alla pluralità dei media e al processo di formazione delle opinioni».

L'abolizione del canone porterebbe a una riduzione dell'offerta in tutti i settori. La situazione si rivelerebbe particolarmente difficile per le regioni periferiche e le minoranze linguistiche. Più piccolo è il bacino di utenza, più è irrealistico pensare di finanziarsi soltanto con introiti di tipo commerciale. Oggi i proventi del canone fanno sì che le radio locali, le televisioni regionali e la SSR possano essere presenti su tutto il territorio nazionale. La SSR è espressamente obbligata a fornire un'offerta radiotelevisiva equivalente e variata in tutte le lingue ufficiali, nonché trasmissioni televisive e almeno un programma radiofonico per la Svizzera romancia. Se l'iniziativa venisse accettata, tale mandato verrebbe meno. La Svizzera sarebbe il primo Paese in Europa ad abolire il mandato di servizio pubblico nel settore della radio e della televisione. Inoltre, la SSR non potrebbe più applicare il suo sistema di perequazione finanziaria interna per sostenere con proventi realizzati nella Svizzera tedesca programmi destinati alla Svizzera italiana, romanda e romancia.

In caso di accettazione dell'iniziativa, in aggiunta, gli introiti pubblicitari verrebbero ancor più sottratti al mercato indigeno, per defluire all'estero. Con il passaggio a un sistema di finanziamento puramente commerciale come previsto dall'iniziativa aumenterebbe il grado di dipendenza da finanziatori privati e gruppi imprenditoriali esteri, e con esso il pericolo di ingerenze politiche. Consiglio federale e Parlamento raccomandano pertanto di respingere l'iniziativa. In un Paese a democrazia diretta come la Svizzera, un'informazione radiotelevisiva pluralistica ed equivalente in tutte le regioni è essenziale per la formazione delle opinioni; è un servizio prestato ai cittadini e un riferimento utile.

No all'iniziativa, perché …

  • abolisce il mandato di servizio pubblico;
  • minaccia l'esistenza di molte emittenti radiotelevisive;
  • aumenta il grado di dipendenza da finanziatori privati e gruppi imprenditoriali esteri;
  • nuoce alla pluralità mediatica e alla formazione delle opinioni in Svizzera.

Passaggio dal canone di ricezione a un canone generale

Il canone di ricezione radiotelevisivo ammonta oggi per le economie domestiche a 451 franchi l'anno. Con il nuovo sistema di riscossione approvato in votazione popolare nel 2015, che sancisce il passaggio a un canone generale applicato su scala più ampia, l'importo del canone per le economie domestiche scenderà dal 2019 a 365 franchi l'anno. Le imprese verseranno un canone calcolato in funzione della cifra d'affari. Quelle con una cifra d'affari inferiore a 500 000 franchi - ovvero circa i 3/4 del loro numero totale - non pagheranno nulla. Il fatto che anche le imprese contribuiscano a pagare il canone non è una novità. In linea di principio è già oggi così, poiché anch'esse usufruiscono delle offerte radiotelevisive: le trasmissioni delle emittenti informano infatti su nuovi prodotti e tendenze, analizzano argomenti economici e costituiscono interessanti piattaforme pubblicitarie sia a livello regionale che nazionale.


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