Potenziamento delle autostrade: «Non voglio penalizzare chi viaggia per andare al lavoro o in vacanza»

Nell'intervista del «Corriere del Ticino», il consigliere federale Albert Rösti parla del potenziamento mirato delle strade nazionali.

Corriere del Ticino, 02.11.2024

Intervista di Luca Faranda


Per la campagna di voto sono già stati spesi quasi sette milioni di franchi (4,1 milioni i favorevoli, 2,74 i contrari). In Romandia c’è già chi parla del voto come «la madre di tutte le battaglie». È così?

È un voto importante, come lo sono molti altri. Ovviamente qui è in gioco il futuro dell’infrastruttura stradale. In linea di principio si tratta solo di sei progetti. Ma se il decreto venisse respinto, dovremmo chiederci: è un segnale di stop anche per l’espansione di altre infrastrutture? È un’analisi che andrebbe fatta. Ma spero vivamente che il 24 novembre si ottenga un sì alle urne, perché si tratta di potenziamenti in sei tratti specifici, in cui la situazione a livello di colonne è semplicemente insostenibile.

A essere molto congestionati non sono solo i sei tratti inclusi nel decreto. Anche in Ticino la situazione del traffico, soprattutto nel Sottoceneri, è critica. Da Berna quali sono le possibili soluzioni a medio termine?

È previsto che nella prossima Fase di potenziamento includeremo dei progetti del Canton Ticino. La pianificazione è già in corso. Questi programmi di ampliamento di regola vengono proposti ogni quattro anni. Per questo è ancora più importante votare a favore il 24 novembre, anche per progetti al di fuori del Cantone. Un no renderebbe ovviamente molto difficile altri potenziamenti.

Un aumento delle capacità non porta inevitabilmente a un aumento di traffico e, di conseguenza, ad ulteriori code?

Ciò che aumenta il traffico è la costruzione di nuove strade. Qui vogliamo unicamente potenziare la capacità in sei punti cruciali dove il traffico si riversa nei paesi quando le autostrade sono congestionate. L’obiettivo è di riportare questo traffico sulle autostrade. È importante salvaguardare la sicurezza stradale nei paesi e al contempo ridurre le colonne. L’anno scorso gli automobilisti hanno trascorso 48 mila ore in fila con la loro vettura. Il tempo perso in coda causa costi enormi per la popolazione e l’economia.

Eppure, un aumento dei volumi del traffico è in controtendenza con l’obiettivo delle zero emissioni entro il 2050. Il «ministro» dell’Ambiente cosa ne pensa?

Non è così, perché stiamo sviluppando la rete per la tecnologia del futuro, che sarà elettrica, a idrogeno o a combustibile sintetico. Ci aspettiamo che quando queste tratte saranno completate, attorno al 2040, almeno la metà delle auto sarà elettrica: quindi verranno emesse meno emissioni di CO2. C’è inoltre un altro aspetto: le code causano molte emissioni, quindi è anche evitando code e rallentamenti che risparmieremo sulle emissioni.

I dati sulle vendite delle auto elettriche mostrano che il mercato non sta andando come previsto. È un’utopia pensare di elettrificare il parco veicoli della Svizzera?

Non è un’utopia, ma le condizioni quadro devono essere migliorate. Ciò significa per esempio che i prezzi devono essere ancora un po’ adeguati verso il basso. Anche se ci sono già veicoli elettrici che costano meno rispetto ad auto a benzina dello stesso tipo, i prezzi sono globalmente ancora alti. Anche la questione della disponibilità di stazioni di ricarica è ancora irrisolta. Si stanno comunque facendo dei progressi e spero che il calo che stiamo vivendo quest’anno sia solo temporaneo.

Lei, personalmente, oggi consiglierebbe a ogni abitante della Svizzera di acquistare un’auto elettrica?

Sì, se ne ha la possibilità. Sono però consapevole che molte persone dipendono da un’auto di seconda mano. O non hanno i mezzi necessari. In questo caso, capisco che si possa scegliere un’auto a benzina. Ma se ne avete i mezzi, ve lo consiglio.

Come immagina la mobilità del futuro? Autostrade più numerose e più larghe, oppure ci si concentrerà maggiormente sul trasporto pubblico?

Bisogna pensare ai trasporti come a un sistema complessivo. E questo comprende il traffico non motorizzato, i pedoni, le biciclette, il trasporto pubblico e il trasporto individuale. Ciò non cambierà neppure in futuro. Mi aspetto un passaggio dal trasporto individuale al trasporto pubblico di circa 3 punti percentuali entro il 2050. Si tratta di un valore relativamente alto, perché la ferrovia rappresenta solo il 16%. Allo stesso tempo, ciò dimostra anche quanto sia esteso il trasporto privato. E continuerà a esserlo anche in futuro. Nel settore dei trasporti abbiamo bisogno di tutto. L’obiettivo è dunque fare in modo che si possa viaggiare in modo più efficiente rispetto a oggi. A seconda della velocità di sviluppo, in alcune regioni sarà ancora necessario un ampliamento, soprattutto in Ticino, a Bellinzona e a Lugano.

In termini di flessibilità e tempi di viaggio, il trasporto pubblico sarà mai all’altezza del trasporto privato anche nelle regioni periferiche?

Il trasporto pubblico è già in grado di tenere il passo su tratte importanti, ad esempio Ginevra-San Gallo, Berna-Zurigo o anche Zurigo-Lugano. I treni a lunga percorrenza sono molto buoni e ciò rende anche più attrattivo spostarsi con i mezzi pubblici, ma vogliamo fare di più. Entro il 2040 saranno investiti circa 28 miliardi di franchi nella ferrovia. Ciò dovrebbe permetterci di avere una cadenza di un treno ogni quarto d’ora su importanti tratte. Nelle zone rurali, nelle singole valli, non ci sarà mai una vera concorrenza tra ferrovia e strada ed è per questo che abbiamo bisogno di questo sistema complessivo. Il trasporto privato continuerà a mantenere la sua importanza anche in futuro.

E nei sei tratti previsti dal decreto in votazione?

Nelle ore di punta sono pieni anche i treni su queste tratte. Quindi non sarebbe possibile dire: sì, potete prendere il treno come alternativa all’ampliamento dell’autostrada. Se in futuro ci sarà una ulteriore crescita, sarà necessario ampliare non solo l’autostrada ma anche la ferrovia in queste zone. Un buon esempio è quello in Romandia: oltre al progetto autostradale (Le Vengeron-Nyon), c’è anche un progetto ferroviario (la costruzione di una nuova linea a doppio binario lunga circa 15 km tra Morges e Perroy, di cui 8 km in galleria, ndr).

I sei progetti in votazione saranno finanziati tramite il FOSTRA. Chi acquista un veicolo elettrico dovrà contribuire alla manutenzione delle strade?

È un esercizio di equilibrismo. Da un lato, vogliamo dare una spinta per l’acquisto di veicoli elettrici. Attualmente, infatti, hanno il vantaggio di non pagare la tassa sui carburanti (le cosiddette accise, ndr). D’altro canto, più auto elettriche ci sono, meno soldi ci sono per la manutenzione delle autostrade. Noi stiamo attualmente camminando su questo filo sottile: l’anno prossimo lanceremo una consultazione per una tassa sull’elettromobilità.

Di cosa si tratta?

La costruzione delle autostrade è finanziata al 100% dagli automobilisti e vogliamo assicurarci che ciò continui anche in futuro. Le ferrovie invece sono finanziate per circa il 50% dalla vendita dei titoli di trasporto. Saranno proposte due varianti in consultazione: un prelievo basato sull’energia utilizzata dai veicoli elettrici (i chilowattora), oppure un prelievo basato sui chilometri percorsi. Entrambe le varianti presentano vantaggi e svantaggi sia tecnici sia politici. Questa tassa, in ogni caso, non entrerà in vigore prima del 2030. L’iter politico prende molto tempo e ci sarà una votazione popolare. Non abbiamo ancora così tanti veicoli elettrici sulle strade ed è anche un bene per la mobilità elettrica che non ci stiamo muovendo troppo velocemente.

La strada intrapresa porterà all’introduzione del cosiddetto «mobility pricing»?

Non credo che si possa trovare una maggioranza a favore: contrariamente al road pricing, il mobility pricing dovrebbe applicarsi a tutte le modalità di trasporto. In altre parole, se prendo il treno per andare a Zurigo, dovrei pagare di più nelle ore di punta, in modo che un’opzione di trasporto, come l’automobile, non venga penalizzata. Dopotutto, non è colpa di nessuno se ci si trova vicino a una stazione ferroviaria o in una zona periferica. Questo modello si ripercuoterebbe anche sui prezzi dei biglietti dei trasporti pubblici. Sarebbe complicato.

Il FOSTRA è finanziato anche dalla vignetta autostradale, che attualmente rimane a 40 franchi all’anno. Il prezzo è ancora al passo con i tempi oppure prima o poi sarà ritoccato verso l’alto?

Bisogna ricordare agli automobilisti che questo è un prezzo molto, molto basso. Quasi simbolico per quello che si ottiene, se lo si confronta con i pedaggi autostradali all’estero. Qualche anno fa (era il 2013, ndr) c’è stata una votazione che ha mostrato chiaramente che non c’era la volontà di aumentare il prezzo. A oggi non è previsto alcun ritocco verso l’alto.

Come «ministro» dell’Ambiente e dei trasporti, ritiene che la popolazione debba prima o poi cambiare stile di vita o di mobilità in futuro?

Penso che le persone siano abbastanza intelligenti da scegliere la modalità di trasporto giusta e l’opzione più efficiente per viaggiare. L’infrastruttura deve però essere sufficiente affinché i lavoratori debbano spostarsi di meno. Si possono creare condizioni quadro che permettano di “fare impresa” in ogni parte del Paese, anche nelle zone più remote, in modo da non dover per forza essere dei pendolari. Il Consiglio federale, con la strategia gigabit, vuole fare in modo che la popolazione possa avere un accesso Internet ultraveloce in tutto il Paese. Questi sono incentivi che per me sono importanti. Quello che non voglio fare è costringere la popolazione a comportarsi in un determinato modo. Non funziona. Non voglio limitare o penalizzare le persone che viaggiano per lavoro o per andare in vacanza.

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